Convivenza forzata ed emozioni al tempo del coronavirus (parte 1)
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  • Immagine del redattoreGian Nicola Beraldo

Convivenza forzata ed emozioni al tempo del coronavirus (parte 1)

Aggiornamento: 2 mag 2020


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La convivenza forzata può trasformare la nostra casa in una prigione dorata

Questo post cerca di dare alcune indicazioni utili a livello comunicativo per chi è costretto alla convivenza forzata causata dalle restrizioni per il coronavirus Covid-19.

I prossimi suggerimenti nascono dalla mia personalissima esperienza sia come fotografo di matrimonio, sia come persona immersa in un tessuto sociale fatto principalmente di relazioni umane, pertanto le considerazioni esposte non sono verità assolute, né hanno validità scientifica o medica di alcun genere: servono esclusivamente come spunto di riflessione.

Cominciamo col dire che la presa di coscienza delle emozioni altrui non è un percorso facile. Quando fra due o più persone ci sono problemi di comunicazione, le soluzioni più comuni sono alzare la voce per imporre il proprio pensiero oppure alzare un muro di silenzio per far pesare all’altro l’isolamento. Alle volte i muri servono così come serve alzare la voce, ma il più delle volte invece, adottare queste strategie è solo una grande mancanza di consapevolezza e una dannosa esibizione di prepotenza. Simili approcci alla comunicazione portano sempre a risultati di molto inferiori in termini di qualità della vita, rispetto ai risultati che si potrebbero ottenere con una sana comunicazione empatica e con un adeguato e reciproco rispetto.

Quando ero un ragazzino la scuola non ha mai insegnato, né a me né ai mie conoscenti coevi, i fondamentali dei rapporti umani, enumerandoli e catalogandoli in un percorso formativo coerente ed unitario. Non esisteva la materia di insegnamento “Come andare d’accordo col prossimo”, e l’unica cosa che si avvicinava a questo, “Educazione Civica”, fu sospesa dall’insegnamento pubblico pochi anni dopo che cominciai il mio percorso scolastico.

Gli elementi presi in considerazione di seguito sono forse ben noti, è vero, ma saperli applicare con costanza nella "costretta" vita di tutti i giorni può forse fare la differenza, e può farla nel bene.

Come fotografo di matrimonio e come operatore video, ho imparato a riconoscere le emozioni più sottili e sfuggevoli sul volto delle persone.

Alcune di queste si possono simulare, altre si possono nascondere quasi completamente e altre ancora possono solo esplodere in maniera eclatante e durare da poche frazioni di secondi a giorni interi.

Riconoscere le emozioni fondamentali sul volto di chi è vicino a noi, ci aiuterà quindi a prevenire situazioni di stress, favorendo la possibilità di vivere in serenità.


Le emozioni si manifestano involontariamente soprattutto nella cosiddetta "comunicazione non verbale”, ovvero l’insieme di informazioni veicolate dal corpo umano.

Il tono della voce, la posa della testa, le pieghe sulla fronte, le sopracciglia, le palpebre, la luminosità degli occhi, la forma che può assumere la bocca, il collo, le spalle, la posizione delle mani, della braccia, il busto, il petto, il respiro, l’addome, il bacino, le gambe, la posizione dei piedi e infine il nostro odore corporeo concorrono tutti insieme a formare la comunicazione non verbale emotiva.

Potremmo anche aggiungere l’abbigliamento e la capigliatura, ma questi sono generalmente “indossati” prima che nasca una qualsiasi emozione specifica.

La forma e la sostanza, spesso coincidono nell’animo di chi vive l’emozione, e anche quando un’informazione arriva corretta (la sostanza) quello che ci resta impresso può essere la modalità con cui è stata trasmessa (la forma). Facciamo un esempio: se dovessi chiedere a qualcuno “Che ore sono?” ciò che probabilmente mi rimarrebbe impresso maggiormente a livello emotivo, sarebbe la componente non verbale dell’informazione ottenuta: se dovessi ricevere una risposta dal tono dolce, gentile e accompagnata da un bel sorriso pulito e sincero, quasi certamente proverei un’emozione positiva. Se al contrario dovessi ricevere una risposta sgarbata con un tono stizzito e maleducato, quasi certamente proverei un'emozione negativa a parità di informazione verbale ricevuta (ovvero anche se in entrambi i casi avessi ricevuto la medesima corretta risposta riguardante l’ora, “È l’una”.)

A mia volta, attraverso il non verbale, avrei comunicato le mie emozioni in maniera chiara e abbastanza lampante.

Ogni emozione ha i suoi “fondamentali” non verbali, taluni sono plateali come ad esempio il pianto e la risata, talaltri sono nascosti, come il leggero sudore delle cavità corporee durante i momenti di stress e tensione. Ciò che rende difficile capire se questi o altri segni, siano l’effettiva e onesta corrispondenza di emozioni interne, sono due fattori: in primo luogo si possono simulare a comando (come appunto il pianto e la risata), in secondo luogo possono manifestarsi per motivi indipendenti dalle emozioni (se fa caldo sudo, se voglio compiacere e/o manipolare qualcuno posso fingere di piangere o ridere, e se sono felice posso ridere ma posso anche piangere dalla gioia).

Insomma non è per niente facile capire le emozioni altrui dal non verbale, ed è ancora più difficile avere la certezza che l’emozione rappresentata sia effettivamente provata.

Vediamo innanzitutto quali sono le emozioni fondamentali comuni a tutti gli esseri umani a prescindere dal contesto sociale e dal posizionamento geografico.

Gioia, tristezza, sorpresa, paura, rabbia, disgusto, imbarazzo, eccitazione: la lista di queste emozioni non è un dogma scritto nella roccia né una certezza scientifica riconosciuta dalla comunità internazionale, perché negli anni vari gruppi di ricerca hanno approfondito lo studio della materia e modificato le teorie preesistenti.

Senza ovviamente entrare nel dettaglio bibliografico sull’argomento, possiamo sicuramente considerare l’elenco delle emozioni appena fatto sufficientemente coerente con la situazione attuale di convivenza forzata imposta dal governo in questa primavera dell’anno 2020.

Parentesi fotografica: fare il fotografo significa anche saper vedere e riconoscere le emozioni da immortalare con la fotografia: sottolineo fotografia nel senso di "immagine statica" e non "immagine in movimento” perché alle volte certe emozioni appaiono e scompaiono sul volto in circa un venticinquesimo di secondo, tempo che può diventare eterno solo nell’immobilità del fermo immagine fotografico.

Nei prossimi articoli vedremo come riconoscere i segnali non verbali utili per identificare con un buon margine di certezza le emozioni sopra esposte: capire con più chiarezza ciò che probabilmente sta vivendo interiormente il prossimo, ci può aiutare a disinnescare possibili situazioni di stress.


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